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giovedì 22 gennaio 2015

Com'eravamo (parte seconda)

Scusate, questo vuole essere un post liberatorio sullo schifo che ho letto in questi giorni, a tratti, quando la connessione ad internet funzionava oppure se non c'era light off. So anche di essere un po' in ritardo. Il mio blog è soprattutto diario di viaggio per le mie avventure ghanesi e per condividere quello che mi succede mediato dal mio gusto e dai miei interessi. La Siria rientra nei miei interessi quindi vi lascio il mio commento sulla triste vicenda delle due ragazze rapite. Credo vivamente nella libertà di espressione in tutte le sue forme, anche quando è troppo cinica o tagliente come quella delle vignette di Charlie Hebdo, naturalmente ho il pieno diritto di non condividere perché grazie al dio delle piccole cose ho una mente pensante che non segue il boom degli hashtags su Twitter o dei commenti mediocri su Facebook che impazzano solo quando succede qualcosa di molto grave. Sempre tornando alla Siria, veramente vorrei dire a gran voce che non tollero l'ignoranza diffusa dei miei concittadini che non sanno cosa voglia dire fare cooperazione, che girano stupidamente a loro piacere i commenti di altri giornalisti (altrettanto poco professionali e professionisti), che stanno a sindacare sul pagamento di un riscatto (perché secondo loro sono i soldi di tutti, ma non si domandano che fine fanno tutte le altre spese in bilancio al Bel Paese) e che fanno illazioni squallide e sessiste (a dir poco) sulla missione delle ragazze lombarde. Filo-ribelli? Poco importa, ognuno ha le proprie idee ma soprattutto penso che le ragazze siano state un po' imprudenti, ma credo abbiano pagato sufficientemente con cinque mesi di prigionia. E comunque il governo italiano negli anni ha liberato altri cooperanti e/o mercenari e nessuno ha battuto ciglio. Forse l'era dei social media è veramente troppo.
Anch'io sono stata a Damasco a vent'anni e per ovvi motivi mi ritengo una privilegiata perché la Siria che ho avuto l'occasione di vedere e vivere in diverse occasioni non esiste più. Con le mie splendide compagne di viaggio, nonché colleghe all'università abbiamo girato il paese in lungo e in largo, alcune volte ci siamo ritrovate in situazioni limite forse per ingenuità o imprudenza. Una su tutte è stata la serata passata alla centrale di polizia dove il poliziotto corrotto dava seguito a un tassista che ci accusava di avergli rubato il cellulare. E tante altre..autostop, sistemazioni di fortuna rimediate all'ultimo momento sul confine iracheno, le serate sui tetti, una serie infinita di avventure che rimangono incancellabili nella mia memoria. Io la Siria vera ho avuto l'occasione di viverla.
Ricordo che gli italiani sequestrati nel mondo sono ancora il cooperante palermitano Giovanni Lo Porto, scomparso nel gennaio del 2012 in Pakistan nella provincia del Punjab dove lavorava alla costruzione di alloggi di emergenza e il gesuita romano Abouna Paolo Dall'Oglio di cui si sono perse le tracce nel luglio del 2013 in Siria, a Raqqah. Ho avuto il piacere di incontrare padre Paolo nell'agosto del 2006 quando sono stata nel suo monastero gesuita in Siria, Deyr Mar Musa, a nord di Damasco. Ricordo nitidamente il suo volto, il suo amore per la Siria, dove ha vissuto per oltre trent'anni, tanto che ci sono ritornata l'anno successivo e l'aria di pace che si respirava come solo in pochi altri posti ho potuto percepire. Vi lascio la foto di quel giorno per ricordarvi e ricordarmi che la storia insegna a non ripeterci e che la mia bella Siria chiede costantemente aiuto e c'è bisogno di far cessare questo massacro indipendentemente dagli schieramenti e senza coinvolgere i civili che hanno pagato e stanno ancora pagando un prezzo altissimo per giochi di potere che non li riguardano.


mercoledì 14 gennaio 2015

In the kitchen/chicken

Questa settimana ho deciso di scrivere un post leggero, sulla scia opposta ai disastri che ci circondano quotidianamente a casa, sulla via, nei corridoi infiniti delle vite altrui che si incrociano con le nostre e i nostri pensieri.
Questo post è dedicato agli amanti del cibo, a quelli che provano sempre qualcosa di diverso, che non sono schiavi dell'abitudine, che non si accontentano della prima versione e che guardano sempre altrove. 
Durante i mesi della mia permanenza in Italia dopo un lungo e intenso anno in Ghana pensavo solo ad un piatto che veramente avrei tanto voluto cucinarmi. I miei piatti preferiti della cucina ghanese sono due, anche se sostanzialmente mangio tutto quello che ritengo eticamente corretto..ecco i due piatti unici sono il banku, pesce e hot pepper (ma non è il piatto di oggi) e quello che ho sognato di cucinare ovvero il red red. Chi mi conosce dirà che doveva piacermi per forza visto il nome, in ogni caso è un piatto semplice ma allo stesso tempo molto gustoso se ben preparato. È una rivisitazione africana del contorno veneto preparato con fagioli e cipolla.
Serve: olio e sale qb, fagioli secchi, una cipolla e due platani maturi (sono fortunata ad essere arrivata in stagione e questo significa che al mercato centrale te li regalano). Oggi quindi dopo aver passato una mattinata tranquilla a sistemare la mia casetta e la cucina, che finalmente dopo il lavoro del falegname sembra un angolo cottura niente male e naturalmente ventilato, sono andata al mercato a fare la spesa e a parte l'acquisto della solita quantità di frutta e verdura mi sono adoperata per il red red. Il platano andrebbe fritto nell'olio di palma (quello non raffinato che si trova qui non dovrebbe essere così nocivo in teoria), a parte si cucinano i fagioli a vapore e alla fine si soffrigge un po' di cipolla per dare gusto e armonia al piatto. Vi lascio le foto del risultato qui sotto. Non so se alla vista possa essere invitante ma vi assicuro che è squisito. Grazie a tutti quelli che mi scrivono sempre, che mi salutano tramite altre persone e che sono sempre vicino a me in modi diversi. La mia esperienza di rientro in Ghana è molto completa e ricca ogni giorno di straordinarie avventure e miriadi di sorrisi. Qui a Nkawkaw, nessuno prova a pronunciare il mio nome, senza riuscirci, come ad Accra (tipo Loula, Noora, Noola, Doora e altre migliaia di combinazioni) sono per tutti Sista Adwoa ovvero il nome twi per una donna nata di lunedì. Molto semplice.

Il risultato

lunedì 5 gennaio 2015

Più sette, from Ghana

Un post è dovuto a sette giorni dal mio ritorno in Ghana. È allo stesso tempo tutto uguale e tutto diverso. Dopo aver visto la neve due giorni prima di partire, aver ritardato il decollo ad Istanbul per lo stesso motivo e arrivare ad Accra alla sera, essere di nuovo avvolta dal vento caldo, dai ricordi, l'odore terribile dello smog, l'aeroporto, i saluti e gli abbracci come se il tempo non fosse passato mai. Accra è calda, bollente, è molto tardi quando arrivo in albergo e tra una chiacchierata e l'altra sprofondo nel sonno. I festeggiamenti per l'anno nuovo sono iniziati con un giorno in anticipo e ho passato tutto il giorno 31 a riprendere misura da un lato con un'atmosfera così familiare e dall'altro con lo stesso disorientamento di chi arriva per la prima volta in Africa. Comunque un disorientamento molto piacevole. I festeggiamenti e l'addio al 2014 in strada ad Osu. Poi verso la cittadina del progetto, Nkawkaw, qui a differenza di Accra e per fortuna, parlano poco inglese così ho parlato più twi in meno di una settimana qui che in un intero anno ad Accra, che da una serie di spunti per iniziative interessanti e divertenti chiacchierate. La stanza dove vivo è molto carina, così come le giovani signore e la miriade di bambini e ragazzini del vicinato. Ogni tanto manca la luce, prendo l'acqua dal pozzo e l'harmattan, un vento polveroso e caldo che viene dal Sahara, rende difficile la respirazione. Nonostante questo sono felice. A presto nuovi aggiornamenti sul procedere del progetto di Ancora ⚓️