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mercoledì 29 maggio 2013

Appunti di un weekend fuoriporta

Sabato scorso si celebrava l'African Day. Qui quando le festività cadono durante il weekend il lunedì è automaticamente un festivo. Che fortuna. Weekend lungo organizzato. 
Sono stata con Ro e Cássio a Cape Coast, prima capitale della Costa d'Oro britannica, adesso una tranquilla cittadina che vive di pesca, commercio e turismo, passata per sempre alla storia per essere stata uno dei punti di partenza della tratta transatlantica di schiavi perpetuata dagli europei almeno fino al 1807 con il beneplacito del regno Ashanti. 
Siamo partiti con l'idea di allontanarci per qualche giorno dalla quotidianità, rilassarci sotto una palma e divertirci un po'. Abbiamo passato due notti al Baobab, una guesthouse molto contenuta ed economica con un ottimo ristorante vegetariano annesso, un piccolo negozio e personale molto simpatico. Ci siamo concessi la visita al castello con ingresso a quasi 10 euro e altrettanto supplemento per la fotografia che abbiamo deciso di non pagare. Seratina all'insegna della musica highlife dal vivo, reggae e dj-set azonto. Abbiamo ballato tantissimo in una stazione di servizio Goil trasformata in locale a cielo aperto davanti agli occhi della popolazione locale molto divertita con cui abbiamo condiviso qualche ora. La serata è finita con un'ultima bottiglia d'acqua, dopo aver esagerato un po' con la birra in un locale sulla spiaggia frequentato soprattutto da occidentali, qualche rastaman simpatico e con un sound commerciale che mi ha subito ricordato le serate infrasettimanali dell'Enfant Prodige, che non pensavo ma ogni tanto mancano. 
Il giorno seguente abbiamo provato a rilassarci sotto la palma tanto sognata, con vista sui ragazzini che giocano a calcio, onde oceaniche, tre bambini che si divertono con serpente e qualche maialino a pascolo, ma siamo stati colti in contropiede da un acquazzone tropicale che è continuato fino a tardi e ci ha impedito di fare granché. 
Lunedì mattina abbiamo lasciato il Baobab in direzione Elmina, città di fondazione portoghese con nome spiccatamente arabo, per visitare un altro importante castello, mangiare un buonissimo piatto a base di yam, salsa palava e un pesciolino squisito e fare rientro in bus ad Accra - Wiaboman completamente cotta prima che fosse troppo tardi. 
Unica nota dolente, martedì al mio rientro in ufficio ho realizzato che il pc aveva un problemino. Semplicemente lo schermo non si illumina, quindi me lo riparano domani inchallah. Per non pensarci troppo ho passato il pomeriggio al Makola Market a comprare le stoffe coloratissime, passamaneria e fili vari per cucire le borse che produciamo, più una stoffa bellissima ocra e marrone per farmi un vestito su misura. Cena con pesce gatto ucciso al momento e di provenienza non definita.
Al prossimo racconto e pregate per l'integrità del mio adorato portatile. Uff.

Mixed Vegetables Groundnuts Soup with brown rice balls

Tropical rain in Cape Coast

Cape Coast, Palm trees without sun

Elmina, Saint George Castle

Elmina, Door of No Return

Elimina, Fishing Harbour

mercoledì 22 maggio 2013

Vita in pillole

Eccomi. Siamo a metà settimana, la stagione delle piogge è alle porte. O almeno così dicono, perché il caldo a volte si rende insopportabile e se non c'è la corrente elettrica è ancora peggio visto che non puoi nemmeno attaccare la ventola. Alle 18 è già buio quindi, quando il sole ti abbandona, anche la batteria del tuo stupido iPhone non ti consente più di utilizzare la torcia, si passa ai rimedi di una volta. Una cena preparata e consumata a lume di candela. Insomma altri lontanissi tempi. Poi alla mattina leggi nell'espressione del volto dei bambini la gioia immensa solo per il fatto di esser lì. Beh è veramente una sensazione indescrivibile, ve lo dico già, quando tornerò tra un anno vi dirò: "Non potete capire", eccome se ve lo dirò, ed è così. Non riesco a spiegare quanto è bello vedere la felicità e la ricchezza d'animo degli altri, sentirli dire è meglio dare che ricevere, vedere i loro occhi sbalorditi quando gli dico che non prego prima di addormentarmi ma che al massimo leggo un libro qualsiasi. Al pomeriggio ho passato un paio d'ore imbottigliata nel traffico di Accra per andare a consegnare un application form in un palazzo spaziale vicino al Teatro Nazionale e mi sono vista dal pick-up le attività più disparate e interessanti, dalla vendita di frutta e verdura al barbiere di strada, dai vestiti usati accatastati sulle teste delle donne, che hanno un portamento talmente elegante da fare invidia a una qualsiasi modella delle sfilate parigine.



domenica 19 maggio 2013

INSIDE THE MOSKITO NET

Un bel progetto giappo-ispano-ghanese ha presentato la performance mercoledì sera all’Alliance Française, qui ad Accra. Uno spettacolo che fonde insieme musica, danza e pittura al fine di sensibilizzare il pubblico sul problema dei rifiuti da un lato, accompagnato dall’installazione di un’artista eccentrica costituita dagli imballaggi più disparati e qualche zanzariera volante.
Ok, siamo sempre lì, tutto ruota intorno alla modernità, alla mancanza di una cultura rivolta a salvaguardare la nostra madre Terra, alla produzione eccessiva e alla carenza di strumenti e mezzi adeguati. Per me, dover pagare all’ingresso l’irrisoria cifra di due euro per accedere a un simile evento mi è sembrata una presa in giro. Paradossalmente 5 cedi sono di già molto discriminanti. Il pubblico della serata era composto essenzialmente da occidentali trapiantati nella capitale ghanese, qualche cinese e i benestanti che vivono nelle ville pazzesche e super sorvegliate dei quartieri bene come Osu. Però è stato comunque interessate e stimolante perché ho conosciuto una ragazza spagnola e un brasiliano che insegnano le loro rispettive lingue madri alla University of Ghana nel sobborgo di Legon da più di qualche anno e che per i motivi più disparati si sono ritrovati qui. Due persone fantastiche con le quali ho condiviso per qualche ora pensieri, esperienze, una birretta e la voglia di rivederci per passare un’altra serata insieme e magari viaggiare il prossimo week-end. Non so bene se lo spettacolo abbia completamente incontrato le mie aspettative, perché è stato molto bello anche se io mi sono persa tutto il tempo a fotografare il pittore, cercando di fermare in uno scatto la sua stupenda espressività. Un altro mondo è la realtà in cui vivo, dove l’immondizia contamina le acque irrimediabilmente e le persone pescano da quei fiumiciattoli putridi. Per questo spero di poter organizzare qualcosa nei prossimi mesi, almeno per sensibilizzare la gente che ti guarda male se accendi una sigaretta ma accumula una quantità inaudita di rifiuti un giorno dopo l’altro. Non posso neanche condannarli, quando sono i nostri stessi governi a vendere i resti informatici in una zona ribattezzata Sodoma e Gomorra, appunto, dove la gente ricava il rame e brucia il resto per guadagnarsi da vivere. Comunque ho fatto un paio di foto discrete che vi lascio qui sotto.

martedì 14 maggio 2013

B&B: Bimbi&Bici


Ieri è finito il mio training all’UPCO. Da oggi mi immergerò ufficialmente nel mondo di SASO (Service Awareness Support Organization). Ho pensato spesso a come sarebbe stato l’incontro ufficiale con i bambini. Ma solo stamattina ho realizzato quanto la loro presenza sia forte e assolutamente coinvolgente. I bambini e le bambine di cui sto parlando, anche le ragazze e i ragazzi sono diversi da com’ero io e soprattutto da come sono le stesse generazioni in Italia oggi. Hanno delle fantastiche divise bianche e azzurre, quasi tutti i capelli rasati (perché qui si usa così fino all’università), sorrisi perfetti e contatti imbarazzanti. Insomma sapete come sono fatta, in generale sono molto rigida e precisa ma è solo una maschera che metto con chi non mi conosce bene. Una sicurezza. Solo che qui mi sento molto a mio agio, come se ci fossi nata. Incarnato a parte.
Ho parlato un po’ con Adjei, il ragazzo che insegna a SASO ma si occupa anche della sfera amministrativa. Mi ha brevemente raccontato le attività dell’ONG, abbiamo catalogato insieme un po’ di materiale che ci è arrivato in donazione dai Paesi Bassi, soprattutto giochi. Palline, puzzle e libri da colorare che potrò usare da domattina alla lezione di Creative Arts con i piccolini. Wow. Le materie che vengono insegnate nelle classi (al momento cinque) sono inglese, francese, ga (la lingua che parlano nella regione della capitale), matematica, scienze, educazione civica, religione e creatività. Poi ci sono altre attività di contorno, alcune molto interessanti, tipo piccoli training di danza africana o di musica, qualche escursione e “By the Fire Side” quando alla sera si riuniscono tutti intorno a un fuoco e gli anziani del villaggio raccontano le storie di un tempo. Non vedo l’ora, comunque appena uscita per fare due foto sono stata assalita da una marea di bambini urlanti che volevano farsi fotografare e rivedersi in video. Carinissimi ma a volte gli insegnanti li invitano gentilmente a non starmi troppo addosso. 
L’altra novità è che la bicicletta è arrivata. Non è una semplice bicicletta, ma una bellissima mountain-bike grigia e viola che ho preso in mano domenica pomeriggio per la prima volta, dopo qualche minuto di delirio. Io e Ro di buona lena sotto il sole cocente delle 15.00 ci avventuriamo verso il supermercato che dovrebbe distare diciamo una ventina di minuti, quasi tutti all’interno delle saline di Pambros e un piccolo pezzetto di statale. Beh ci eravamo sbagliati perché ci abbiamo messo un’ora e la bici della sottoscritta senza freni. Già avevo visto la morte in faccia dopo che un camion aveva toccato i fili elettrici con il suo rimorchio. Arrivati al supermarket, uno dei due doveva stare fuori a far la guardia alle bici, quindi io entro a far la spesa. Al ritorno la ruota posteriore di Ro si buca senza rimedio e quindi arriviamo a Wiaboman col buio, con la mountain a mano. Fallimento epocale insomma. Ma poi ce le hanno riparate e la mia frena anche troppo e ieri dopo esserci nuovamente persi per tornare a casa, ci siamo goduti un bel tramonto sull’oceano dalla capannina che è proprio a due passi da casa nostra. Lusso.


Morning Break

Super Bike

domenica 12 maggio 2013

- Com'eravamo -

 السلام كلام المسافر في نفسه
للمسافر في الجهة الثانية...

السلام حمام غريبين يقتسمان الهديل
الأخير، على حافة الهاوية


محمود درويش، حالة الحصار

Scusate l’inciso. Questa era la frase che avevo scelto come incipit per la mia tesi di laurea specialistica discussa il lontano 15 marzo 2010. Una frase che non posso tradurre ma è sostanzialmente un invito alla pace, in qualsiasi forma vogliate intenderla. Oggi, mentre ero seduta per terra nella mia stanza di Wiaboman e mi stavo rilassando dopo aver pranzato con un mango buonissimo, stavo cercando di vedere la fine del film “Il grande Lebowski” senza riuscirci.
La connessione è debolissima ma per qualche minuto sono riuscita a chattare con Maher, il mio “ex” siriano, nessuna notizia buona dalla Siria. Un giorno raccoglierò in un libro i miei racconti siriani, ma per il momento mi accontento di condividere qualche riga.
Ricordo i tempi della mia vita a Damasco con estrema gioia. Ero giovanissima e vivevo con molta spensieratezza le mie estati lì, con l’unico obiettivo di migliorare le conoscenze che ci infondevano alla Ca’ Foscari e vedere il mondo. E tutti gli aspiranti arabisti ritenevano che la Siria fosse uno dei paesi più stabili e vivibili del Medio Oriente. Alla fine sono passati solo sei anni dalla mia ultima estate. Storicamente è un periodo brevissimo ma niente è più come prima. La Siria, che nel mio immaginario comprende una serie di persone che ho conosciuto lì, di persone con cui ho condiviso il viaggio, quelli con i quali ho passato solo un pomeriggio in un caffé oppure quelli con cui ho fatto l’alba sui tetti di Damasco, è sempre lì. Anche quando non ne parlo. Adesso un popolo al massacro, ma nella mia mente e nel mio cuore nessuno potrà cancellare quei momenti indelebili che mi avrebbero portato ad essere quella che sono. All’epoca ero così forte e sicura di me. Ma quelle certezze sono svanite con il tempo, nonostante tutto.
In questa domenica tra le tante, la festa della mamma in realtà, il mio pensiero va a tutte quelle vite spezzate inutilmente, a tutti quelli che non possono più dire “auguri mamma” per colpa dell’esercito di stato e dei ribelli, agli amici siriani che sopravvivono e sperano di lasciare il paese, a una qualsiasi divinità celeste affinché possa far cessare subito l’odio che dimora nel cuore degli uomini.

venerdì 10 maggio 2013

La mia giornata..


- My little brother Chaos -
La prima settimana è trascorsa abbastanza tranquillamente. Ho iniziato ad ambientarmi in questo mondo completamente nuovo, tra lavoro e tempo libero. Beh poco tempo libero. Vorrei provare a descrivere la mia giornata tipo. Sveglia impostata alle 6.27 ma in realtà già prima delle sei ho gli occhi spalancati, perché dietro la mia finestra c’è un simpaticissimo gallo che all’alba inizia a cantare, sempre. Allora inganno un po’ quella mezzora facendo delle cose tipo scegliere i vestiti, accendere la ventola oppure ascoltare il rumore della pioggia (che ho potuto udire solo un paio di volte). Esco dalla mia stanza con i miei due secchi e vado a prendere l’acqua per farmi la doccia e connessi. Verso le 7.15 faccio colazione con un paio di fette di pane con burro d’arichidi o miele o jam. Io, Ro e Stella ci incamminiamo verso la stazione dei “taxi” collettivi passando per SASO (Service Awareness Support Organization), che sarà l’ONG che gestirò per i prossimi 12 mesi. Cool. A volte aspetto il taxi per un minuto, a volte non arriva allora mi avvio a piedi, a volte non passa proprio e mi recuperano in qualche modo. Arriviamo verso le 9.00 all’UPCO dove inizio il mio lavoro. Sostanzialmente quello che in Italia fai in un’ora, qui ci impieghi una giornata o due. Perché internet non funziona bene oppure salta la corrente elettrica, perché devi riposare gli occhi e non lavorare troppo. Mando un po’ di richieste di finanziamento in giro, alle 12.00 pranzo nel ristorante che sta a quattro passi “Las Palmas” con un po’ di riso o una zuppa, di nuovo ufficio fino alle 16, ma mi fermo un po’ di più per sfruttare la connessione. Poi torno a casa, stessa trafila, per fare 2 km ci si mette 20 minuti, tutti in prima marcia dentro un taxi sgangherato che minaccia di lasciarci a piedi da un momento all’altro. A casa mi rilavo, scambio due parole con i bambini, mangio e torno a dormire. Con le galline. Verso le 22.00, nemmeno quando avevo 7 anni. Quasi non ho la forza di leggere due righe. Oggi finisce la prima delle 52 settimane a venire, stasera andrò a sentire un concerto all’Alliance Française, poi domani farò il bucato e alla sera Bob Marley night a Labadi Beach e domenica relax in spiaggia.
- Sunrise after the rain -

martedì 7 maggio 2013

domenica 5 maggio 2013

I primi giorni - Life

Al mio risveglio, il secondo giorno o il primo giorno di luce, ho fatto un’abbondante colazione con tè lipton, insalata mista con aggiunta di sgombro, pane e burro. Non male per iniziare la giornata, che si trasformerà in quattro ore di macchina per attraversare la città in senso est-ovest e raggiungere UPCO, conoscere le persone che mi accoglieranno per questo anno e sistemarmi nella mia camera. Non so come descrivere questa nuova realtà, ci ho pensato molto ma mi risulta abbastanza difficile. Mi parlano un po’ della storia dell’associazione, di quello che fanno e vado a fare un giro a Gbegbeyise, verso l’oceano con tre ragazzini molto simpatici e incuriositi. 

Gbegbeyise beach - Photo by R.
What's the Ocean?!
Diciamo che sono molto felice di essere qui. Faccio la cosa che mi riesce meglio, vivo in mezzo a una comunità molto svantaggiata, per usare un eufemismo. Non avevo bisogno di questo per capire quanto sono fortunata, ma mi serve sentirmi viva e utile a una qualche società. Il mio collega lettone non è ancora arrivato ma ho conosciuto un altro volontario, italiano, che passerà qui un paio di mesi. Viviamo insieme nella casa di una famiglia, ma le relazioni che intercorrono tra loro non le ho ancora capite, so solo che ci sono tanti bambini, due ragazzine e una coppia di adulti, a Wiabomam, uno degli slum nell’estrema periferia ovest di Accra.
Un posto in cui i paradossi quotidiani si incontrano, ho una stanza grande e semplice tipo quella che avevo una volta a Meknès. Una camera semplice ma confortevole. Mi faranno avere presto un armadio o scaffale per mettere i vestiti che per il momento rimangono nella valigia, e un tavolo/scrivania. Sono riuscita a montare la mia zanzariera, il mio unico timore è quello di prendere la malaria. Elettricità che va e viene e questo mi ricorda molto i tempi della mia vita a Damasco, che rimangono purtroppo un bellissimo e lontanissimo ricordo. C’è il bagno ma l’acqua corrente è un bene di lusso quindi se non c’è uso i secchi che riempio dal rubinetto appena fuori casa. Anche per questo motivo sto seriamente pensando di tagliare i capelli ma non ho ancora deciso.

CAS - Mamprobi
Poi mi forniranno una bici per spostarmi da dove abito all’UPCO, bello sì, ma la strada è di terra o meglio sabbia e devo attraversare una laguna piena di rifiuti da paura. Ho ancora poche sigarette, ma stavolta smetto veramente perché un anno qui sono almeno due o tre anni di fumo. E i ghanesi non fumano per niente e considerano il fumare un’azione di cattivo gusto. Quindi ho tutte le mie buone ragioni, finalmente.
In questi giorni ho visitato anche altre realtà associative che si occupano del recupero e dell’educazione dei bambini di strada, che ahimè, sono veramente tanti.
Mi diverto, ho mangiato qualche specialità ghanese, ho ricevuto qualche avvertimento come non camminare da sola, tutti si innamoreranno di te perché gli "obruni" sono considerati come un ATM ambulante e camminato al Makola Market nel centro di Accra, ovviamente accompagnata. Un posto dove puoi trovare qualsiasi cosa tu stia cercando. I bambini rientrano a scuola martedì dopo una settimana di vacanza, domani vedo la cerimonia dell’assegnazione del nome a un bambino di quattro settimane. 
Beh che dire, l’avventura è ufficialmente cominciata.

giovedì 2 maggio 2013

VCE-AMS-ACC

Qualche lacrima all’appuntamento con i saluti all’aeroporto Marco Polo, i messaggi che contano, controlli perfetti, il mio volo per Amsterdam in ritardo. Pazienza. Quando voli sempre a basso costo non ti rendi conto che il mondo viaggia. Poi prendi un volo KLM, vedi nitidamente la magica Venezia durante il decollo e ti ritrovi accanto un ragazzo che per due ore è costretto dal caso a stare accanto a te e leggere il suo spartito. Stava andando a suonare in una qualche città degli States. Io Accra, lui Boston. Atterro ad Amsterdam, gli auguro buon viaggio e mi dirigo di corsa all’uscita E17. Sembra un volo davvero grosso. Per l'aeroporto di Amsterdam Schipol controlli all’avanguardia e la voce che annuncia l’apertura del gate, invita i viaggiatori in economy a rimanere seduti. Volo vuoto? No, completamente pieno, tutti i circa 450 posti occupati. Sono infinite le ore che mi separano dalla capitale ghanese e non sono nemmeno vicina al finestrino. Inganno il tempo guardando “La vita di Pi”, ascoltando le ultime hit di Rihanna e scambiando qualche parola di circostanza con la mia vicina. Finalmente sono quasi ad Accra. Fuori mi aspetta Belinda e altre persone dello staff che conoscerò presto.
Appena scesa un vento fortissimo mi avvolge. Una sauna a cielo aperto. Corro al controllo passaporti, impronte digitali, recupero bagagli immediato con la valigia semirigida scucita e sul nastro sbagliato. Esco tra i vari “akwaaba” e “you’re welcome”. Incontro gli altri e prendiamo un cinese da asporto che non ha niente a che vedere con quello italiano. Lo mangerò nella villa di Belinda a Tema, una città ad est di Accra. Una casa molto bella che non aveva niente a che vedere con quello che avrei visto dopo. Mi sono messa a dormire sognando il ventaglio rosso che avevo comprato qualche estate fa a Màlaga.
A che ora la sveglia? Alle 5.30 di solito ma facciamo anche le 6.30 visto che è un po’ tardi (quasi l’una di notte). Mi addormento pensando solo al ventaglio e alla frase che mi hanno detto sul Ghana. Ti piacerà perché è il paese in cui tutti sono liberi di fare ciò che vogliono. Verificherò strada facendo.