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mercoledì 12 giugno 2013

Rastaman Vibration

Ho passato una notte e un giorno a Kokrobite. Una tranquilla cittadina poco distante da Accra, sul mare, a una trentina di chilometri dalla capitale. Sono arrivata lì verso le 21.00 con il mio compagno di viaggio che purtroppo tra tre settimane se ne torna in Italia e mi lascia sola al mio destino, lettone permettendo.
Dopo aver preso tre tro-tro per arrivarci, incontriamo un ragazzo che lavora all’Art Centre di Accra, si chiama Ruben o Coby. È un rasta vero, in tutto quello che dice e in tutto quello che fa, esiste una sola cultura, una sola filosofia di vita, una sola musica, un solo credo, una sola grande comunità. Ci recupera al capolinea e ci accompagna al resort sul mare che organizzava una serata reggae.
Prima di tutto ci siamo assicurati il posto a dormire all’interno di una capanna-loft semi-aperta con 12 letti in fila e zanzariere, il tutto a 12 cedi. Una sciocchezza. Ruben ci ha presentato qualche suo amico e abbiamo passato un po’ di tempo prima dell’evento chiacchierando del più e del meno e chiedendo svariate info sul villaggio.
Kokrobite è il nome di una donna, che ha vissuto in un epoca non ben precisata, presumibilmente intorno al XVI secolo, nel villaggio. Una donna talmente forte che, un po’ grazie al suo mestiere, hanno iniziato a riconoscere come divinità. Qui la comunità Rasta è molto presente, per fortuna, così ho parlato per un po’ dei temi più disparati ma ho capito quanto loro siano emarginati solo perché fumano l’erba. Allora, la libertà è tutto, è la vita stessa e ognuno ha il diritto di fare della sua vita ciò che meglio crede, in fondo non stanno ammazzando nessuno. Un’altra chiesa che convive con le altre quindicimila presenti qui, che però mi è sembrata di più larghe vedute, molto attenta all’educazione e alla formazione, genialmente più ricchi di spirito, poi del Rastafarianesimo c’è un punto in particolare che non condivido, però non possono essere tutti perfetti.
Seratina piacevole poi abbiamo ballato in mezzo a una folla mista di obruni, rastaman, ghanesi e non. Io ho finito la serata in compagnia di un musicista di balafon, uno xilofono di legno, del Burkina Faso che vive ad Accra parlando in francese del più e del meno, per poi collassare nel letto alle cinque di mattino, orario oramai alquanto strano ma che meno di due mesi fa era la regola.
Un weekend brevissimo ma azzeccato, colazione con liquore locale e il riso e pollo fritto di strada più buono mai mangiato fino ad ora, cucinato sul momento da un certo Jo, che dice di essere fidanzato con una certa Elisabetta di Bologna e sogna di fare affari nel bel Paese.
Al mio rientro ho riflettuto su questa comunità, ma molto popolosa e proprio poche ore fa passeggiando in spiaggia ho incontrato un altro rastaman, Natty, che sta buttando su un chioschetto in spiaggia, su due livelli, proprio dietro a casa mia.
Le zanzare mi stanno decisamente tormentando adesso, tra l’alluce e il ginocchio ho tante punture quante le mie treccine che son più di un centinaio e spesso, anche la zanzariera che mi dà un po’ di senso di claustrofobia non conta più. Passata la stagione delle piogge diventerà il mio punto di riferimento per le serate estive con i volontari che verranno.
Poi il 10 giugno è una data da ricordare, per il compleanno della mia sorellina marocchina che ormai è più italiana di me, Treviso che cambia finalmente rotta dopo 19 anni di regno leghista, il lavoro sul campo con Adjei e Mr John Donkor che mi ha portato ad incontrare persone che vivono a Glefe, il quartiere qui vicino a Wiaboman, persone che raggiungiamo per ‘consulenza’ medica o psicologica perché disabili, anziani, stregoni o solo più sfortunati.
Ah, la mia nuova pettinatura riscuote molto successo tra i locals, il computer è tornato in vita e l’ho riordinato un po’, insieme alla camera e alla mia vita che adesso sembra avere senso. Jah!

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